
Il caso Pandora: è davvero un epic fail?
Partiamo dal principio.
In questi giorni è scoppiata una grossa polemica, soprattutto sul web, circa l’ultima campagna di Natale del brand Pandora.
Un’affissione della Metro di Milano non è passata inosservata a Lefanfarlo, organizzazione no-profit che si occupa di “burlesque, vita e donne”, che prontamente ha pubblicato un post su Facebook:
Non potevamo crederci, ma purtroppo è tutto vero.
La nostra Laki Hancock ha scattato questa foto a Milano, MM1 Duomo…
Pubblicato da Lefanfarlo su Sabato 2 dicembre 2017
“Un ferro da stiro, un pigiama, un grembiule, un bracciale Pandora. Secondo te cosa la farebbe felice?”
Quello di Pandora è diventato un caso in pochissimo tempo.
Commenti di donne offese per essere state associate a un’immagine anacronistica di donna, accuse di avere collegato “il sesso femminile a oggetti cliché di un immaginario sessista e retrogrado” (fonte: Facebook).
Ma è davvero possibile che un brand internazionale crei una campagna basata su degli stereotipi di genere?
Sulla pagina Facebook ufficiale di Pandora, arriva il chiarimento:
Analizziamo la questione dal punto di vista comunicativo.
Il copy della campagna, di tutte le campagne, è sempre realizzato tenendo ben a mente quale sia il target al quale si riferisce. Chi è il cliente tipo?
Nel caso Pandora il target di riferimento non è assolutamente quello femminile. La campagna è rivolta agli uomini. A mariti, compagni e fidanzati che devono fare un regalo alla propria donna per Natale.
Il messaggio in questa ottica diventa già più chiaro. “Un ferro da stiro, un pigiama, un grembiule, un bracciale Pandora. Secondo te cosa la farebbe felice?”
Secondo te cosa farebbe felice la tua donna? Il classico, banale regalo o qualcosa che potrebbe piacerle veramente?
La campagna non può ovviamente ricevere un consenso universale. Resta però il fatto che le donne che hanno letto in essa un’offesa contro il genere femminile non rappresentano il target che interessa al brand.
Il problema della campagna non sono gli stereotipi, ma le parole scelte.
Pandora non è un’azienda italiana. La campagna in questione è la traduzione di una campagna internazionale, presente per questo in diversi paesi.
Ma quando si gestisce una campagna internazionale bisogna tenere conto anche dei diversi background culturali e sociali ai quali ci si andrà a rivolgere.
Non tutti i paesi hanno le stesse percezioni e gli stessi modi di approcciarsi, lo stesso senso dell’humor.
Probabilmente le parole scelte nei paesi anglosassoni o scandinavi sono riuscite a trasmettere maggiormente il senso ironico della campagna, in Italia no.
Se al posto del ferro da stiro e del grembiule, nella versione italiana, fossero stati inseriti ciabatte e frullatore non ci sarebbero state polemiche e possibili allusioni sessiste.
Se il caso Pandora sia stato o meno un epic fail lo vedremo nei prossimi giorni, a parlare saranno le vendite natalizie…noi comunque abbiamo la sensazione che questa campagna non sia poi un così grande flop.
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